venerdì 27 aprile 2012

In 40.000 in piazza cantano contro l'odio di Breivik

L'ANTEFATTO:


This cartoon by Dave Brown from The Independent is a parody of The Scream, a famous work by Norwegian Expressionist artist Edvard Munch. A version of the painting is due to be sold at auction in New York in May.

Breivik ha fatto un saluto estremista a pugno chiuso appena entrato nell’aula del tribunale e poi, ridendo, si è messo a sedere ed è rimasto in quella posizione anche quando è entrato il giudice. Il 33enne norvegese non “riconosce l’autorità della Corte” e, pertanto, non si alza in piedi. Un ulteriore sfregio nei confronti della Giustizia.
Così è iniziato il processo ad Oslo al mostro novergese il 16 aprile scorso.
L’estremista di destra Anders Behring Breivik, è l'autore, l’estate scorsa in Norvegia, di due attacchi terroristici che hanno provocato la morte di 77 persone.
Breivik ha ammesso la strage del 22 luglio scorso, ma ha anche negato ogni responsabilità penale, sostenendo di avere attuato il massacro “per il bene della Norvegia”, e per salvare il Paese dagli “effetti devastanti” del multiculturalismo. Il killler sostiene la sua “integrità” mentale e  di essere stato perfettamente in grado di intendere e volere mentre commetteva gli orribili crimini della scorsa estate.
Tra le altre cose detesta 'Barn av regnbuen' ('Bambini dell'arcobaleno') del musicista e compositore folk norvegese Lillebjoern Nilsen,  perché è un “buon esempio di marxismo” infiltrato negli ambienti culturali e che i suoi testi servono al “lavaggio del cervello degli studenti" del Paese scandinavo.



Anders Breivik
 By Taylor Jones, El Nuevo Dia, Puerto Rico - 4/20/2012



Breivik
Sergei Tunin
Anders Behring Breivik unfolding 18 Apr 2012

LA RISPOSTA





Ieri, nella Youngstorget, al centro di Oslo, migliaia di persone si sono riunite sotto la pioggia scrosciante per cantare “Barn av regnbuen” (Bambini dell’arcobaleno) cui Breivik ha più volte detto di odiare per i principi quale esprime.

Questo è il testo della canzone, adattamento di Lillebjørn Nilsen da una canzone di Peter Seeger del 1973. Di fianco la traduzione in italiano più o meno corretta.
En himmel full av stjerner (Un cielo pieno di stelle)
Blått hav så langt du ser (Mari blu fin dove riesci a vedere)
En jord der blomster gror (Un mondo dove crescono fiori)
Kan du ønske mer ? (Puoi chiedere qualcosa di meglio?)
Sammen skal vi leve (Insieme dobbiamo vivere)
hver søster og hver bror (Ogni sorella e ogni fratello)
Små barn av regnbuen (Piccoli bambini dell’arcobaleno)
og en frodig jord. (E un mondo in fiore)

Noen tror det ikke nytter (Alcuni pensano che non sia importante)
Andre kaster tiden bort med prat (Altri sprecano tempo in chiacchere)
Noen tror at vi kan leve av (Alcuni credono che si possa vivere di…)
plast og syntetisk mat. (…plastica e cibo sintetico)
Og noen stjeler fra de unge (E alcuni rubano ai giovani)
som blir sendt ut for å sloss (che sono mandati a combattare)
Noen stjeler fra de mange (Alcuni rubano ai molti)
som kommer etter oss (che verranno dopo di noi)

Ritornello

Si det til alle barna! (Ditelo a tutti i bambini)
Og si det til hver far og mor: (E ditelo a ogni padre e madre)
Ennå har vi en sjanse (Che abbiamo ancora la possibilità)
til å dele et håp på jord. (di condividere la speranza nel mondo)





40.000 sang Barn av regnbuen
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27/4/2012

 Se fossimo tutti un po' norvegesi 

John Belushi odiava due cose: la musica country e i nazisti dell’Illinois. Ma cosa succede quando un nazista odia la musica country? Che anche noi fan dei Blues Brothers siamo chiamati a una scelta doverosa e ci schieriamo con la nenia dei cowboy. Se poi siamo di Oslo e fuori piove, apriamo l’ombrello e scendiamo in piazza in quarantamila per cantarla a squarciagola. Alla faccia del nazista. Il quale aveva appena dichiarato che con quella canzone le maestre norvegesi lavano il cervello ai bambini. Soltanto il suo, purtroppo, è rimasto refrattario a qualsiasi detersivo. La canzone si intitola «Barn av regnbuen», «Bambini dell’arcobaleno», ed è il rifacimento in scandinavo stretto di «Rainbow race», cantilena folk strimpellata alla chitarra dall’americano Pete Seeger nei primi Anni Settanta. Il ritornello parla di fratellanza, di distese verdeggianti, e non fa male a nessuno, se non a chi è già abituato a farsene parecchio da solo. Anders Breivik, per esempio, lo stragista di Utoya che ha imputato all'innocuo motivetto nientemeno che il deterioramento in chiave marxista della gioventù norvegese. I messaggi semplici e solari agiscono sulle menti ottenebrate dal razzismo come una cartina da tornasole. Portano a galla la rabbia di chi ha talmente paura della sensibilità umana da considerarla una dimostrazione di debolezza. In tribunale Breivik ha insultato la canzone e l’infanzia dei connazionali. E ancora una volta è venuta fuori la civiltà di quel popolo poco battuto dal sole, che ha saputo asciugare il sangue di Utoya senza macchiare il vestito lindo della sua democrazia e si permette il lusso di trattare un reo confesso come un crocerista, ospitandolo in una cella grossa come uno stand dell’Ikea. I norvegesi avrebbero potuto reagire alla provocazione di Breivik con il silenzio. Oppure con il furore, portando in piazza i familiari delle vittime per ritorcere addosso a quell’uomo il livore seminato dai suoi atti. Invece si sono ritrovati pacificamente in quarantamila per cantargli la loro canzone. Ricordando al mondo che è anche per merito di quella nenia, imparata a memoria negli asili, se sono cresciuti così tolleranti e intimamente connessi con l'ambiente che li circonda. Perciò oggi siamo tutti un po’ norvegesi, compresi noi rockettari stonati. Anzi, soprattutto noi, che ci offriamo volontari per inciderla su un disco da far ascoltare a Breivik in cuffia, fino alla fine dei suoi giorni.
 Massimo Gramellini
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Norvegia (II parte): il dolore e il colpevole.

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