martedì 21 gennaio 2014

Claudio Abbado e la musica maestra

...un omaggio ad un grande maestro della musica.
Edy - Pierpaolo Perazzolli - http://www.edydesign.com/


 20 gennaio 2014
Un grande maestro, Claudio Abbado,
 ci ha lasciati...
un piccolo omaggio.. lascio parlare lui stesso con una delle sue ultime interviste a Repubblica del 12 maggio scorso, dove parla del suo grande amore per la musica.



by frostyhu

CLAUDIO ABBADO    'Musica maestra'
12 maggio 2013
BOLOGNA : Quando Claudio Abbado affronta un' intervista, circostanza molto rara, il suo interlocutore dovrà misurarsi con le fertili qualità dell' attesa. Ci sono misteri piccoli e grandi nei suoi silenzi. In un mondo in cui tutti parlano di sé, e l' esposizione dell' ego è una pratica ossessiva, Abbado tende a ritrarsi, scansando l' esternazione per dare spazio all' ascolto. È come se sottolineasse che ogni parola ha un suono e un senso. Atteggiamento legato al fare musica. Perché «la musica insegna ad ascoltare», dice. «Ascoltando s' impara, e così dovrebbe essere anche nella vita: se tutti gli uomini conoscessero la musica, le cose funzionerebbero assai meglio». Il 26 giugno Claudio Abbado compie ottant' anni, ed è un' età che il direttore d' orchestra milanese, uno dei più amati e ammirati musicisti del nostro tempo, porta con straordinaria leggerezza. Abbado è un mito musicale. Eppure non c' è mitologia nella semplicità del suo tratto. Persino nel pieno del lavoro, quand' è in prova con una delle "sue" orchestre ("sue" perché le fonda e le modella, imprimendo loro una fisionomia all' insegna dell' eccellenza), esprime naturalezza e capacità di non farsi prendere dall' ansia. È una delle sue virtù più sorprendenti. Qualcosa che somiglia a un modo d' essere orientale, cui sono ascrivibili anche il suo amore per la natura, la sua profonda sintonia con gli amici e il suo vivere immerso totalmente nella musica. Per il fedele e immenso pubblico che lo ammira, i suoi ottant' anni sono una festa. La celebreranno tra l' altro i suoi prossimi concerti a Berlino (18, 19, 21 maggio, con i Berliner Philharmoniker) e un concerto a Bologna il 9 con l' Orchestra Mozart e Radu Lupu al pianoforte, che sarà replicato alla Salle Pleyel di Parigi l' 11. Nell' arco di mezzo secolo, l' insieme delle sue interpretazioni offre uno spaccato tra i più significativi e alti della direzione orchestrale del Novecento. Ne è una riprova il cofanetto che Deutsche Grammophon lancia per il compleanno, contenente vari cicli sinfonici da lui diretti e selezionati in 41 cd. (segue nelle pagine successive) (segue dalla copertina)
Le orchestre sono quelle che hanno scandito la sua carriera: la Mozart di Bologna (l' ultima nata, nel 2004), la Chamber Orchestra of Europe, la London Symphony, i Berliner Philharmoniker, i Wiener Philharmoniker, la Mahler Chamber Orchestra e la Lucerne Festival Orchestra. È anche in uscita il disco con la sua lettura della Seconda di Schumann, eseguita dall' Orchestra Mozart: «Forse tra le sinfonie di Schumann è la più nuova e appassionata», sostiene. «La scrisse in anni in cui era innamoratissimo di Clara. Cosa che emerge dalla ricchezza del pezzo». L' amore è uno spunto ideale per dare il via alla nostra conversazione.
   Conta di più l' amore o l' amicizia nella vita di Claudio Abbado?
 «Sono sentimenti inseparabili, entrambi essenziali e spesso complementari. Amo certi amici e nutro amore per i figli. A Daniele, il maggiore, che fa il regista, mi unisce un' autentica amicizia. Abbiamo un rapporto libero e aperto».
    E per quanto riguarda gli altri tre?
  «L' amicizia e l' affetto sono una cosa sola sia con mia figlia Alessandra, sia con Sebastian che fa l' architetto a Londra e sia con Misha, il più giovane, che vive tra Londra e Cambridge. Suona il corno e il pianoforte, oltre al basso elettrico in un gruppo rock, e frequenta l' università. Un gentleman versatile».
    Chi sono le persone alle quali oggi pensa con più amore, oltre ai suoi figli?
«Di sicuro una è mia madre, che fu donna di generosità meravigliosa. Fece scappare vari partigiani durante la guerra e riuscì a far passare in Svizzera molti ebrei. Tanti sono tornati a ringraziarla, nel dopoguerra».
    Sua mamma Maria Carmela scrisse bei libri per ragazzi. 
 «Fu autrice di una raccolta di novelle siciliane ascoltate durante la sua infanzia in Sicilia e di un volume di fiabe tradotte da mio nonno Guglielmo Savagnone dal poeta persiano Ferdowsi».
    Un nonno formidabile, narrano le cronache di famiglia. 
 «Un grande saggio, docente di diritto romano all' università di Palermo. Morì a novantasei anni, restando lucido fino alla fine. La sua sapienza delle lingue antiche era sterminata. Aveva tradotto dall' aramaico il testo originale del Vangelo, e dalla traduzione emerse l' esistenza di altri figli di Maria oltre a Gesù. L' aver rivelato che Gesù aveva fratelli e sorelle gli costò la scomunica. Ne andava fiero, perché era un riconoscimento della rilevanza della sua scoperta. Quando io ero bambino veniva con noi in Val d' Aosta, e passeggiando in montagna mi consegnava frasi che sarebbero rimaste dentro di me per sempre. Rapide e lapidarie».
    Mi dia un esempio.
«La generosità arricchisce».
    Che ricordo serba di suo padre?
«Mio papà Michelangelo, violinista e insegnante al conservatorio, mi ha insegnato la disciplina. Da ragazzo odiavo certe sue durezze, ma crescendo ho capito l' importanza di quell' impostazione. Facevo il liceo e parallelamente studiavo musica: composizione, pianoforte, direzione d' orchestra... Alle due di notte non mi lasciava andare a letto se non avevo terminato tutto. Grazie a lui ho imparato che le cose cominciate vanno concluse e non rinviate». 
 La sua memoria del fascismo e della guerra l' ha condizionata?
«Certo. Il clima era tremendo. Rammento il suono delle fucilazioni dei partigiani a Milano, in via Fogazzaro, dove abitavamo. Il rumore somiglia a quello delle saracinesche dei negozi che calano bruscamente. Ancora oggi, ogni volta che lo sento, penso a quelle raffiche di morte. Un' altra cosa che mi è rimasta impressa è l' irruzione della Gestapo a casa nostra. Avvenne per colpa mia». Quale colpa?
«Col gesso, sul muro esterno, avevo scritto "viva Bartòk". Un po' come si scrive "W il Milan". Ero entusiasta del compositore ungherese, di cui stavo studiandoi pezzi del Microcosmo. Quelli della Gestapo pensarono che fosse il nome di un partigiano. Per dissuaderli dovetti mostrare loro una partitura di Bartòk».
 Fu Bartòk il suo primo amore musicale? 
 «Fu Debussy. Quand' ero piccolo ascoltai i Nocturnes dal loggione della Scala. Una magia nella quale avrei voluto vivere per sempre. In seguito per me arrivarono Bartòk, Stravinskij, Prokofiev e la scuola viennese: Berg, Schoenberg e Webern. Poi, dopo la guerra, tanti altri sono statii compositori che mi hanno catturato, e ogni volta c' è stata un' evoluzione. Il bello della musica è che non ha limiti. Si continua a esplorarla e affiorano idee sempre nuove. L' interpretazione musicale è un viaggio sconfinato».
Riascolta i suoi dischi del passato?
 «Cerco continuamente di andare avanti e di comprendere di più. Avevo inciso la Prima Sinfonia di Bruckner trent' anni fa, e di recente l' ho registrata in una nuova edizione (contenuta nel cofanetto in uscita per Deutsche Grammophon, ndr) che mi ha aperto un mondo: Bruckner, dopo venticinque anni dalla prima versione, riscrisse la sinfonia facendone un pezzo tanto più moderno, pieno di anticipazioni della scuola di Vienna. Si dice, giustamente, che Mahler sia stato un precursore della musica moderna. Ora, con quest' edizione più tarda della Prima Sinfonia, capiamo che anche Bruckner aveva una genialità profetica».  
A Berlino ha lavorato per dodici anni come direttore musicale dei Berliner. È stata la città più importante del suo percorso artistico?
«Ovviamente per me ha contato molto Milano, dove sono nato e cresciuto e dove per vent' anni ho fatto progetti e diretto alla Scala. È stato decisivo anche il mio periodo a Vienna, città culturalmente ricchissima, nella quale tra l' altro ho fondato il festival Wien Modern. Ma credo che non esista al mondo una città che si sia sviluppata tanto velocemente come Berlino dopo la guerra. È viva, civile, stimolante, piena di verde e generosa di cultura, con nove orchestre sinfoniche, tre teatri d' opera e vari teatri di prosa».
Come trova oggi l' orchestra dei Berliner? 
 «Magnifica e molto ringiovanita».
 Che significa per lei essere giovani?
«L' età come dato anagrafico non significa nulla. Quello che conta negli individui è la personalità». Un uomo riservato come lei ha faticato a vivere per decenni sotto i riflettori?
«Spesso è molto bello sentirsi utili. Ieri camminavo qui a Bologna con mia figlia Alessandra, e continuavo a incontrare gente che mi ringraziava per quanto cerco di fare in questa città, dove suoniamo con la Mozart e dove sto sostenendo il progetto del nuovo auditorio di Renzo Piano. Ma confesso che quando, a fine Novanta, mi ammalai gravemente, i giornali scrissero troppo di me. Tanta invadenza».  
Come si difende dagli assalti?
 «Se è una cosa è ingiusta o mediocre, io l' accantono. È una risorsa».
Oggi lei lavora meno di prima: dilaziona gli impegni.
«Sono comunque numerosi. Molti sono i concerti con la Mozart, anche in tournee, così come i dischi. E in estate sarò a Lucerna, con l' orchestra del festival. Inoltre con la Mozart abbiamo una residenza al Musikverein di Vienna e un' altra in Oman, Paese in grande espansione, dove hanno costruito un nuovo auditorio nel quale portiamo cicli regolari di concerti».
Quando non dirige quali sono le sue priorità?
«Lo studio, la lettura,i figli,i nipoti, gli amici, la natura. Mi piace camminare in Engadina, una valle a duemila metri d' altezza, luogo incontaminato che ritrovo ogni anno. Quanto alla Sardegna nove ettari di costa, di fronte a casa mia, sono diventati un parco naturale. Li strappai alla speculazione alcuni decenni fa, quando i soliti costruttori stavano per edificare qualche mostruosità edilizia. Vi piantai novemila piante. Ora sono tante, è diventato un bosco fiorito».
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LEONETTA BENTIVOGLIO




Lunedì 27 gennaio, alle ore 18, nel Teatro alla Scala - con sala vuota e porte aperte - l’Orchestra Filarmonica eseguirà la Marcia funebre (Adagio assai) dall’Eroica di Beethoven, in memoria di Claudio Abbado. L’esecuzione, sotto la bacchetta di Daniel Barenboim, Direttore Musicale della Scala, verrà diffusa nella Piazza.

On Monday 27 January at 6 pm at the Teatro alla Scala – with empty theatre and open doors – the Philharmonic Orchestra will execute the Funeral March (Adagio assai) from Beethoven’s Eroica, in memory of Claudio Abbado. The execution, under the baton of Daniel Barenboim, La Scala’s Musical Director, will be broadcast in the Square.







Claudio Abbado durante le prove di Boris Godunov, 1979

Giannelli - Corriere della sera
 

Pergolesi - Stabat Mater


Claudio Abbado di Cadei


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LINKS:
http://www.orchestramozart.com/index.php?page=rassegna-stampa
L'altra voce della Musica. In viaggio con Claudio Abbado tra Caracas 
 http://it.wikipedia.org/wiki/Claudio_Abbado
Abbado, per sempre

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