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sabato 10 dicembre 2022

Mondiali in Qatar: 6500 lavoratori migranti morti.


Qatar

Gio

www.caricaturegio.altervista.it


Mondiali in Qatar

Più di 6.500 lavoratori migranti provenienti da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka sono morti in Qatar da quando ha vinto il diritto di ospitare la Coppa del Mondo 10 anni fa.

World Cup in Qatar

More than 6,500 migrant workers from India, Pakistan, Nepal, Bangladesh and Sri Lanka have died in Qatar since it won the right to host the World Cup 10 years ago.



6,500 died in Qatar working for the World Cup 
by Kap, Spain
https://politicalcartoons.com/sku/250489


Qatar workers 
by Arend van Dam, politicalcartoons.com
https://politicalcartoons.com/sku/268564




Daniel Garcia
17 November 2022
Washing machine
Qatar and FIFA try their best to present a squeaky clean World Cup to the world.
https://cartoonmovement.com/cartoon/washing-machine-0




Fadi Abou Hassan
9 November 2022
World Cup
More than 6,500 migrant workers from India, Pakistan, Nepal, Bangladesh, and Sri Lanka have died in Qatar since it won the right to host the World Cup 10 years ago.
https://cartoonmovement.com/cartoon/world-cup-3



Bernard Bouton
17 November 2022
Qatar special podium
https://cartoonmovement.com/cartoon/qatar-special-podium


Maarten Wolterink
24 February 2021
Qatar FIFA logo
Over 6000 deaths, the toll for building the infra structure for the World Championship Football 2022 in Qatar
https://cartoonmovement.com/cartoon/qatar-fifa-logo


Vasco Gargalo
18 November 2022
The shot
https://cartoonmovement.com/cartoon/shot-1



Tjeerd Royaards
20 November 2022
Qatar World Cup
The World Cup in Qatar starts today.
https://cartoonmovement.com/cartoon/qatar-world-cup-3


Qatar 2022
Oggi partono i Mondiali di calcio in Qatar. L'icona è un simpatico fantasmino arabo.
Diciamolo, non è da oggi che il fantasma del Dio denaro si aggira per il calcio e forse è un po' ipocrita accorgersi solo adesso dei diritti civili non rispettati, delle condizioni di lavoro inumane, dei troppi morti nei cantieri degli stadi.
Intanto i Ghost Busters se li sono già comprati.
Gianfranco Uber 20-11-22




Ben Jennings...sul costo umano extra calcistico

Una lapide per ogni morto in “onore” di questo Mondiale.
#FIFA #Qatar2022 #FIFAWorldCup
Durando



#Quatar2022 
#FIFAWorldCup
#fifa 
#uefa 
#football 
#soccer 
#HumanRights
#slavery
#corruption
#moderndayslavery 
#death
#migrantlabour
Niels Bo Bojesen


Mondiali, ora il Qatar ammette alcune morti per la costruzione negli stadi: “La stima è tra 400-500”

Per la prima volta il Qatar ammette che c’è stato un alto numero di vittime tra i lavoratori che hanno costruito gli stadi per i Mondiali di calcio. Il capo del comitato organizzatore della Coppa del Mondo, Hassan Al-Thawadi, ha infatti per la prima volta ammesso che il Paese ha stimato “tra 400 e 500 morti”. È una cifra drasticamente più alta di qualsiasi altra precedentemente fornita da Doha, che finora aveva parlato di appena 3 decessi, seppure molto più bassa di quella stimata da diverse inchieste internazionali, che parlano di oltre 6mila morti.

Un’inchiesta del Guardian nel 2021 aveva invece stimato in 6.500 il numero di operai scomparsi nei lavori, cifra contestata dalle autorità locali perché definita come il numero totale di immigrati morti in Qatar dal 2010 a oggi. Negli stadi si è spesso lavorato in condizioni di sicurezza mediamente migliori che in tanti cantieri italiani. Il problema è quello che è successo e che tuttora succede fuori dai cantieri, dopo aver trascorso ore e ore sotto al sole, lavorato giorni e giorni senza riposo. Secondo l’ultimo rapporto di Amnesty international, la percentuale di morti per arresto cardiaco o causa sconosciuta fra gli immigrati lavoratori è decisamente superiore a quella dei morti di nazionalità qatarina (43% rispetto al 28%). Non è una prova (anche perché di autopsie ne sono state effettuate pochissime), ma un indizio su cosa è realmente successo in Qatar.

Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/11/29/mondiali-ora-il-qatar-ammette-alcune-morti-per-la-costruzione-negli-stadi-la-stima-e-tra-400-500/6889873/


martedì 27 settembre 2022

Per Mahsa Amini e tutte le donne iraniane

 

For Mahsa Amini and all Iranian women

Per Mahsa Amini e tutte le donne iraniane


Javad Takjoo

21 September 2022

Women, Life, Freedom

MAHSA AMINI

#mahsaamini #mahsa_amini #freedom #humanrights #womenrights #jaytakjoo


Donna murata
GIO / Maria Grazia Quaranta
www.caricaturegio.altervista.it

I made in solidarity with Iranian Women
Andrea Arroyo



Nasrin Sheykhi

22 September 2022

Protests in Iran

Protests in Iran, sparked by the death of Mahsa Amini, who was detained for allegedly breaking strict hijab rules.




après la mort de Mahsa Amini en Iran.

Adene

#Mahsaamini #Iran #voile #dessindepresse

Libertà per le donne iraniane!

#مهسا_امینی #Mahsa_Amini
#MahsaAmini
Gianluca Costantini





E L E N A . ospina
27 September 2022
Mahsa Amini 🌍
Get out of the cage
mahsa amini, mahsa amin, masha_amini, iran, iran protests, freedom, women's rights





 Vasco Gargalo, Portogallo


PER MAHSA AMINI
In Iran si alza la protesta per la morte in prigione di Mahsa Amini dovuta molto probabilmente a seguito del pestaggio subito da parte delle guardie della "Polizia Morale" della Repubblica religiosa.
Mahsa era stata arrestata perche, non avendo indossato il velo in modo ortodosso, faceva vedere una ciocca di capelli!
Molte le donne che stanno sfidando il regime tagliandosi i capelli in diretta sui social, difficile che la protesta scalfisca l'ottusità integralista ma da ammirare il loro coraggio. BRAVE!
Gianfranco Uber



TANTO PER CHIAREZZA
Dopo Mahsa Amini il fanatismo islamico si macchia di un altro orrendo crimine.
Hadith Najafi, la coraggiosa ragazza simbolo della protesta contro la repressione dei diritti delle donne, è stata uccisa ieri sera nella città di Karaj, vicino a Teheran, da numerosi colpi d'arma da fuoco.
Si allarga sempre di più la spaccatura della società iraniana dove però ancora troppi uomini sembrano gradire l'intolleranza religiosa verso la libertà delle donne.
Gianfranco Uber





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Iran, perché le proteste per la morte della giovane Mahsa Amini sono diverse dalle altre È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, in Iran la morte di Masha Amini, la 22 enne morta dopo le percosse in carcere della polizia morale perché indossava non correttamente il velo. La protesta conquista il Paese. Bisogna vedere come reagirà il governo che per il momento non viene meno a se stesso e gioca la carta della repressione. Per il direttore dell'Ihr Mahmoud Amiry-Moghaddam la misura è colma: " Potrebbe essere l'inizio di un grande cambiamento. Anche del governo. Ma verso quale direzione? Abbiamo visto come ha aiutato Bashar al Assad nell'uccisione di migliaia di persone". Detto in altri termini, la risposta del regime degli ayatollah potrebbe essere sanguinaria. A una settimana dai fatti la protesta si è estesa in Iran a 20 città, e sarebbero almeno sei i morti, stando a fonti governative, e circa 500 i feriti. Gli iraniani protestano spesso ma questa volta è diverso Qui le proteste non sono una novità: nel 2019 molti iraniani sono scesi in piazza a causa dell'aumento del prezzo del carburante, e nel 2020 e 2021 la siccità è stata alla base di una nuova ondata di proteste. Nel 2022 le manifestazioni hanno visto in piazza pensionati e l'aumento del costo del pane ha indotto molti iraniani a sfidare ancora una volta le autorità. La grande differenza delle manifestazioni attuali è che tutte le proteste precedenti erano limitate ai gruppi o alle classi sociali cui erano legate, (in tutti i casi il governo ha risposto con una forte repressione. Nel 2019 si stima che siano morti circa 300 manifestanti). La morte di Amini ha superato la frammentazione della società iraniana. Il dolore, comune denominatore Queste proteste sono motivate dal dolore . È il dolore a aver aperto la strada a una nuova e più ampia mobilitazione”, spiega in un articolo l'analista Esfandyar Batmanghelidj. Così, persone di diversa estrazione sociale si sono unite: l'indignazione è trasversale alla società iraniana. E stando a Esfandyar Batmanghelidj è un fatto inusuale per la società iraniana. I giovani, e soprattutto le donne, sono in prima linea, ma ci sono anche molte persone anziane. Per l'accademico Ali Alfoneh, gli iraniani generalmente protestano per il pane o per la libertà, e "mentre la classe media chiede libertà, i meno privilegiati protestano per il pane e c'è poca solidarietà tra i due gruppi", ha precisato Alfoneh su Twitter. "Ma anche gli svantaggiati, che sono conservatori, si chiedono perché tali misure siano state prese contro Mahsa Amini, le leggi della moralità non vengono applicate nei centri commerciali di lusso nel nord di Teheran", spiega l'accademico. "Ecco perché la morte di Mahsa Amini ha suscitato indignazione che ha unito la classe media e quella dei meno abbienti", aggiunge. Finora né la repressione poliziesca, né le promesse del presidente, Ebrahim Raisí, di voler far luce sulla morte di Amini e tanto meno l'invio di emissari dal leader supremo, Ali Khamenei, alla famiglia della giovane donna, sono riuscite a calmare la protesta. Amini è stata arrestata martedì della scorsa settimana dalla cosiddetta polizia morale di Teheran, dove si trovava in visita, e portata in una stazione di polizia per "un'ora di rieducazione" per aver indossato male il velo. È morta tre giorni dopo in un ospedale dove è arrivata in coma per un infarto. Alla notizia, le proteste hanno infiammato il Paese. Proteste fino a New York La notizia ha avuto un'ampia eco arrivando anche a New York dove si tiene l'Assemblea generale delle Nazioni unite. Anche il presidente Usa Joe Biden ha espresso solidarietà nei confronti della giovane vittima, così come Emmanuel Macron e il ministro degli Esteri britannico.

lunedì 8 agosto 2022

Per Gaza...

 In tre giorni di combattimenti, 44 palestinesi sono stati uccisi, tra cui 15 bambini e quattro donne, e 311 sono stati feriti, ha dichiarato il Ministero della Sanità palestinese. Il Jihad Islamico ha dichiarato che 12 delle vittime erano militanti. Secondo Israele, alcuni dei morti sarebbero stati uccisi da lanci malriusciti da parte di Gaza.

Si tratta della più grave esplosione di violenza avvenuta a gaza dopo gli 11 giorni di guerra del maggio 2021: ma ora, i residenti sperano che il peggio sia definitivamente alle spalle

Anche sul lato israeliano - dove il computo delle vittime è comunque di appena 3 feriti - si tira il fiato: Israele ha rimoso le restrizioni di sicurezza alle comunità israeliane meridionali dopo che la tregua mediata dall'Egitto è entrata in vigore domenica. Le spiagge sono piene!

L'esercito israeliano ha contato più di 600 attacchi tra razzi e lanci di mortaio da parte del Jihad islamico, anche se la metà sembra siano caduti sul territorio di Gaza.

Gaza 
Ismail Dogan 

Un corridoio umanitario
GIO / Mariagrazia Quaranta



Childrens in Gaza
#gaza #israel #attacks #gazaunderattack
Vasco Gargalo


Palestinian children killed in the last 24 hours in Gaza by the Israeli war machine ….

Cartoon by cartoonist Mary Zins 1964-2019

#بدنا_نعيش_بكفي_ظلم
#gaza_under_attack_now
#Gaza
#غزة_تحت_القصف
#GazaUnderAttack

Marco Careddu

by Fogliazza



 Israeli Self-Defense ! 
by Emad Hajjaj, Alaraby Aljadeed newspaper , London
https://politicalcartoons.com/sku/265637



War victims in Gaza 
by Emad Hajjaj, Alaraby Aljadeed newspaper , London



by Marilena Nardi


Miguel Morales Madrigal
Israel apartheid against Palestinians
https://cartoonmovement.com/cartoon/israel-apartheid-against-palestinians




One...
Un...
#Israel #Palestine
Zap /Jean-Baptiste Zappetti





by Plantu





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Tanti sono i post che ho pubblicato per la Palestina 

Questo uno dei miei preferiti

anteprima di Riber

giovedì 12 agosto 2021

Le Olimpiadi 2020: i protagonisti

 La fiamma olimpica si è spenta in Giappone l’8 agosto, mettendo fine allo strano spettacolo dei giochi ai tempi della pandemia. 

I giochi, tenutisi in stadi vuoti in un clima di diffusa avversione da parte della popolazione, saranno probabilmente ricordati come un esempio di quanto strana e inquieta era diventata la vita durante la pandemia.

Mai nella storia delle Olimpiadi moderne hanno debuttato tanti nuovi sport come a Tokyo 2020. Skateboard, surf, arrampicata sportiva e karate hanno adesso i loro primi campioni olimpici, mentre softball e baseball sono tornati ai Giochi dopo l’ultima apparizione nel 2008.

Cinque anni fa il Comitato olimpico internazionale (Cio) ha deciso di includere questi sport per attirare i giovani. Si trattava inoltre di sport rilevanti per il Giappone, il paese che ha ospitato i Giochi. Il baseball è lo sport più importante in Giappone, il karate è quello tradizionalmente preferito e lo skateboard è diffusissimo tra i giovani.

Sono state le olimpiadi di Simone Biles: "Ho dovuto fare un passo indietro per mettere in salvo me e la mia salute mentale. Quando salgo sul tappeto siamo solo io e i demoni che ho nella testa" e della consapevolezza dell'umanità degli atleti.

Sono state le olimpiadi delle bellissime 40 medaglie italiane ma anche dei magnifici 4 posti.

Bravissimi Tutti!!!


Si chiudono le Olimpiadi di Tokyo 2020 (2021), Giochi da record per l'Italia!

#olimpiadetokyo2020 #olimpiadi #sport #comitatoolimpiconazionale #Repubblica #LaRepubblica #repubblicaxl #Tokyo2020

Marco De Angelis


#Tamberi #Jacobs Italia. #Tokyo2020 
Mauro Biani






Nahid Zamani

3 August 2021

Athletic Women and Sexualized Olympic

German women’s Olympic gymnastic team made headlines around the world for taking a stand against sexism. The Team has an outspoken and inspiring approach to empowering other women and girls within the sport. They have made waves throughout the competition and attracted media attention from all over the world to bolster important conversations about sexualization and sexual misconduct.

https://cartoonmovement.com/cartoonist/12484



Vasco Gargalo
29 July 2021
Simone Biles-Mental health
https://cartoonmovement.com/cartoon/simone-biles-mental-health






#SimoneBiles 
@Simone_Biles
 
Un attimo. Sì.
Mauro Biani



Alexander Dubovsky
23 July 2021
olympik relay-race
https://cartoonmovement.com/cartoon/olympik-relay-race


Italiani Primi 
Paolo Lombardi


L’uomo più veloce del mondo è un italiano.
Marcell Jacobs,. Medaglia d’oro nei 100 metri alle Olimpiadi!!!
Christian Durando


LA FAVOLOSA STAFFETTA
Amo un po' tutto lo sport ma, grazie ad un magnifico prof di ginnastica e poi allenatore della storica Colombo,  il mio cuore batte sempre un po' di più per l'Atletica. E ieri ha battuto forte specialmente per quei cambi e naturalmente per quella fantastica vittoria. 
Gianfranco Uber





#TeamRefugees 
@TeamRefugees
 
alla seconda partecipazione alle Olimpiadi dopo Rio2016. E' composta da 29 atleti provenienti da 13 paesi (tra cui Siria, Sudan, Eritrea, Iran, Iraq, Congo Sud Sudan).
Mauro Biani



Thiago Lucas

3 August 2021

Olympic dream

https://cartoonmovement.com/cartoon/olympic-dream




Il calembour della vita. Quando l’Italia era ancora a 39 medaglie, il Sommo ha telefonato personalmente a Malagò (“va benissimo anche un bronzo!”, con voce concitata) perché motivasse gli atleti delle gare rimanenti a conquistare la quarantesima. E così è stato.

Ma la Redazione è certa che anche senza il quarantesimo risultato il Maestro si sarebbe arrangiato comunque con un dignitosissimo “febbre a 39°”.

E sempre sull’onda dell’entusiasmo per la quarantesima, ha poi voluto sottolineare la rivoluzione italiana dell’atletica, citando l’uomo che ormai è diventato un’icona di tutte le rivoluzioni e così ha scritto fieramente sulla medaglia “Games of che”.

Hasta el Maestro siempre!

[OlympicGiannelli]

domenica 18 aprile 2021

A Sepulveda

 CARMEN YÁÑEZ

ERAVAMO COSÌ FELICI E NON LO SAPEVAMO

Ignoranti della luce che circondava l’innocenza

eravamo così felici amore mio,

con il calore delle nostre mani unite

attraversando tutte le strade

e ridendo degli ostacoli di pietra o grandine

che volevano fermare quella nostra corsa irresponsabile di felicità.

Eravamo così felici

e non ci accorgevamo della dimensione della vita.

Dell’invisibile minaccia, dell’ombra lunga

della paura,

noi non sapevamo nulla, insolenti.

Amandoci con previsioni di futuro.

Ora non arrivo a pensare oltre il domani quando aspetto

la prova della tua vita per bocca d’altri.

La poesia è tratta dall’ultima raccolta della Yáñez, Senza ritorno, pubblicata dalla Guanda lo scorso anno. In questa poesia d’amore, struggente, commovente, c’è perdita, nostalgia, rimpianto, sgomento ed è naturalmente dedicata al compagno della sua vita Luis Sepúlveda, che questo male terribile che ha colpito le nostre vite, ha portato via al suo amore e a tutti noi. In fondo alla pagina potete leggere la poesia originale. La traduzione è di Roberta Bovaia

Gio / Mariagrazia Quaranta


Uno scrittore per bambini e rivoluzionari

Il 16 aprile del 2020, dopo cinquantuno giorni di resistenza al male, moriva di Covid il grande scrittore cileno Luis Sepulveda, militante pro Allende, sopravvissuto al carcere e alle torture del regime di Pinochet. Facendo un giro su Internet alla ricerca dei suoi libri si trovano quelli, pur bellissimi, dedicati all’infanzia a base di gabbianelle e gatti, balene e lumache. Per trovare i libri «per grandi» che hanno dentro gli ideali e i drammi del Novecento, le peripezie e i ricordi della rivoluzione, come «La fine della storia», bisogna scavare, scavare parecchio. Così va il mondo. Soprattutto on line, dove si vendono più libri che in libreria. Ahimè. 

Ivano Sartori


Il 16 aprile 2020 il virus ci portava via Luis Sepúlveda
Paolo Lombardi


Giocava coi generi: le favole per i sentimenti universali (oltre alla storia della Gabbianella, quella del gatto e del topo che diventò suo amico, della lumaca che scoprì la lentezza e del cane che insegnò a un bambino la fedeltà); la novela negra per denunciare l'arroganza dei potenti, la solitudine degli sconfitti o, come in Diario di un killer sentimentale, l'orgoglio di un uomo tradito; i racconti per mettere a nudo dopo un lento processo di maturazione le sue idee e passioni. Si legga ad esempio Incontro d'amore in un paese in guerra.



"È molto facile accettare e amare chi è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso è molto difficile, e tu ci hai aiutato a farlo.”

LUIS SEPÚLVEDA

Roby Il Pettirosso

 vignetta, ispirata e dedicata a Luis Sepulveda
Gianlo
http://gianloingrami.blogspot.com/

Gianlo


“La letteratura che vale è quella che riesce a dar voce a chi non ha voce”

LUIS SEPULVEDA



"Luis Sepulveda" - Omaggio al grande scrittore Cileno morto in Spagna il 16 aprile per coronavirus...ci uniamo al dolore della Gabbianella
Marco D'Agostino



Vasco Gargalo
24 April 2020
Luis Sepúlveda
Luis Sepúlveda (1949-2020) was a Chilean writer and journalist. A communist militant and fervent opponent of Augusto Pinochet's regime, he was imprisoned and tortured by the military dictatorship during the 1970s


I suoi sogni erano grandi, immensi, nati sull’onda dell’entusiasmo giovanile quando il Cile sembrava il paese dell’utopia e la poesia era un modo per sentirsi vivi: leggeva Neruda, Machado, Garcia Lorca, voleva rendere il mondo un posto migliore. La morte di Che Guevara cambiò tutto: partì come volontario in Bolivia, dove resisteva ancora un piccolo gruppo di guerriglieri. Erano in trenta, tornarono in sei. Nel frattempo Allende vinceva le elezioni e apriva la strada al sogno. Sepúlveda entrò a far parte della guardia personale del presidente e continuò per tutta la vita a raccontare il valore e la realtà di quel gruppo di compagni. Incontrò Carmen Yáñez, la donna che sposò due volte, suo grande amore, compagna di vita e di lotta.
Come andò a finire è storia: il golpe di Pinochet, la clandestinità e infine il carcere, le torture, l’esilio. Sepulveda aveva 24 anni quando iniziò a fuggire: Argentina, Uruguay, Brasile, Bolivia, Perù, Ecuador, Nicaragua. Da una spedizione nella selva amazzonica dove incontra gli indios Shuar nascerà il suo romanzo più famoso, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore. Pezzi di vita che diventano letteratura come accadrà anche dopo, con Il mondo alla fine del mondo, romanzo ispirato alla sua esperienza su una nave di Greenpeace, il primo che testimonia il suo impegno per l’ambiente.

Ce ne doveva essere un altro, lo stava scrivendo nella sua grande casa di Gjion, ma non ne ha avuto il tempo: alla fine di febbraio, di ritorno da un festival letterario in Portogallo, i brividi e la febbre. Contagiato dal Covid, primo caso nelle Asturie, ha lottato contro il virus per 51 giorni. All’inizio tutti pensavano che ce l’avrebbe fatta: la sua capacità di resistere alle avversità era tale che sarebbe uscito anche da quell’incubo. Non è accaduto: il suo fisico ha ceduto e quel romanzo, a lungo pensato, è rimasto incompiuto.


CARMEN YÁÑEZ
ÉRAMOS TAN FELICES Y NO LO SABÍAMOS
 

Ignorantes de la luz que circundaba la inocencia
éramos tan felices amor mío,
con el calor de nuestras manos juntas
cruzando todos lo caminos
y riéndonos de los obstáculos de piedra o granizo
que nos intentaban parar esa carrera irresponsable de la felicidad.
Éramos tan felices
y no nos enterábamos de la dimensión de la vida.
De la invisible amenaza, de la larga sombra
del miedo,
no lo sabíamos nosotros, irreverentes.
Amándonos con proyecciones de futuro.
Hoy ya no pienso más allá de mañana cuando espero
tu prueba de vida dicha por otros.

Paolo Hendel: Luis Sepùlveda



Sepulveda 

Ritratto di Riccardo Mannelli per l'intervista di Repubblica qui sotto

https://www.repubblica.it/cultura/2017/08/20/news/luis_sepu_lveda_sono_morto_tante_volte_-173435132/

Luis Sepúlveda: "Sono morto tante volte"

Antonio Gnoli

Lo scrittore: "La prima quando il Cile fu stravolto dal colpo di Stato, la seconda quando mi arrestarono, la terza quando imprigionarono mia moglie"

Nell'uomo comune la sofferenza è un peso; nell'artista prende la forma di un orizzonte. Qualcosa che va molto al di là dell'esperienza e diventa visione del mondo. Incontrando Luis Sepúlveda penso che la sua forza risieda in una certa dose e forma del dolore. Niente di prettamente sudamericano, anche se è nato in Cile. Niente che faccia davvero pensare alla tristezza delle vaste praterie. È un dolore verticale che si misura semmai con le altezze delle Ande e con la freddezza dei suoi ghiacciai. Luis è un uomo concreto. Solido. Senza questo carattere difficilmente sarebbe sopravvissuto, non già alla sua scrittura che è bella, penetrante e a volte indignata, ma alla galera e alle torture che seppe infliggergli il regime di Pinochet. Di solito non amo i racconti politici, ma qui in gioco c'era la vita di un uomo che ha creduto e continua a credere. Un uomo famoso che vende milioni di copie dei suoi libri e che uscirà in settembre con il nuovo libro Storie ribelli.

Sei mai stato un uomo davvero felice?

"Mi chiedi troppo, però se ci penso una felicità speciale l'ho provata quando ho riavuto il mio passaporto cileno. Non molto tempo fa, del resto. Mi sono sempre sentito un uomo libero; ma quello straccio di documento, dopo 31 anni di esilio, dopo che avevo passato la vita a sentirmi un uomo cancellato, mi ha fatto uno strano effetto. Come un battesimo che non ti aspetti e quindi una rinascita".

Per rinascere bisogna morire.

"Sono morto tante volte, se è per questo. La prima quando il Cile fu stravolto dal colpo di Stato; la seconda quando mi arrestarono; la terza quando imprigionarono Carmen mia moglie; la quarta quando mi tolsero il passaporto. Potrei continuare". Dov'eri quando ci fu il golpe? " Non fu un semplice golpe, fu un assedio. Facevo parte della guardia personale di Allende. Quel giorno mi trovavo a una trentina di chilometri da Santiago. Ero addetto alla sicurezza delle acque pubbliche; dovevamo difendere le fonti di approvvigionamento. Per ben quattro volte la milizia di Pinochet aveva tentato di avvelenarle".

Come reagisti alla notizia dell'assedio?

"Cercammo di organizzarci, avanzando verso il centro di Santiago. Si combatteva lungo le strade. Poi sentimmo il rumore degli aerei e le esplosioni. Bombardarono il palazzo della Moneda. Provammo a resistere, soprattutto a Sud dove pensavamo che una controffensiva fosse ancora possibile. Ma il popolo non aveva armi".

Cosa accadde a quel punto?

"Venni arrestato. Era il 4 ottobre del 1973. Giorno del mio compleanno. Insieme ad altri venimmo circondati dai soldati e dalla polizia. L'accusa che mossero fu alto tradimento della patria e banda armata. Fui torturato, processato e condannato alla pena capitale. Il mio difensore era un tenente dell'esercito. Lui poteva parlare con me, io no. Alla fine mi disse che era riuscito a trasformare la condanna a morte in 28 anni di carcere".

Tu eri sposato?

"Anche mia moglie fu arrestata. C'eravamo conosciuti da adolescenti. Quando fu catturata non stavamo più assieme. Soprattutto per divergenze politiche. Carmen era di estrema sinistra io socialista. Lei fu portata nell'inferno di Villa Grimaldi. Venne torturata insieme ad altre tre donne. Alla fine pensando che fosse morta gettarono il corpo in una discarica. Un passante si accorse che era ancora in vita e fu così che si salvò".

Come hai fatto a lasciare la prigione e poi il Cile?

"Potrei dirti che a volte la scrittura salva la vita. Il mio insegnante di liceo mandò una mia raccolta di racconti a un premio cubano. Non pensavo assolutamente di diventare scrittore. Ma accadde che due di quei racconti furono pubblicati e poi tradotti in tedesco. Anni dopo, una ragazza di Amnesty vide il mio nome su una lista di cileni condannati e l'associò all'autore di quei due racconti che aveva letto. E fu così che in Germania e in parte del resto d'Europa ci fu una mobilitazione nei miei riguardi che si concluse con la mia scarcerazione e l'espulsione dal Cile nel 1977".

Lasciasti lì la tua famiglia?

"Quello che restava. Con Carmen ci saremmo rimessi insieme molti anni dopo. Lasciai Carlitos il maggiore dei miei figli. Aveva 5 anni quando lasciai il Cile, lo avrei rivisto solo anni dopo, in Svezia".

Chi erano i tuoi?

"Mio padre era cuoco e mia madre infermiera. Li ho molto amati per non avermi mai fatto pesare il ruolo di genitori. Ma la persona con cui mi sono sentito più in sintonia è mio nonno. Un anarchico che agli inizi del ' 900, a soli 16 anni, partecipò a una rivolta nella Spagna andalusa. Ci scappò un morto tra gli ufficiali e lui insieme ad altri compagni venne arrestato".

In seguito?

"Riuscì a fuggire e inseguendo gli ideali libertari finì prima nelle Filippine e poi in Equador. Impiantò anche una fabbrica di produzione di olio, con i profitti finanziò i movimenti anarchici e alla fine arrivò a Iquique, una città di minatori a nord del Cile che produceva fertilizzanti dal salnitro. Arrivò un mese dopo che l'esercito cileno aveva represso una rivolta con migliaia di morti. Fu qui che conobbe mia nonna, una dama di compagnia. Non so cosa vide in mio nonno. Erano due personalità diversissime. Forse per questo riuscirono ad amarsi profondamente".

Tu seguisti gli ideali del nonno?

"Da bambino mi leggeva Tolstoj e cercò di trasmettermi gli ideali anarchici. Si arrabbiò moltissimo quando gli confessai che ero entrato nella gioventù comunista. Mi disse: Luis, tu e i tuoi compagni lotterete per immaginare di essere liberi; io lotto per non dimenticare di esserlo stato".

Che cos'è la libertà per uno scrittore?

"Non è facile definirla. A volte penso alla responsabilità di scegliere le parole giuste; a volte immagino la libertà come un'attesa che può essere frustrata. Ti ricordi quel verso di Kavafis? Sta facendo buio e i barbari non vengono. Non sai mai quando il nuovo irromperà nella tua vita, nella tua scrittura".

Non sai come e quando ti cambierà.

"I libri sono bestie strane e imprevedibili come le storie che hanno dentro".

Le tue storie hanno spesso la forma della favola.

"È un genere che mi consente di creare dei personaggi soprattutto animali in grado di trasmettere valori come la giustizia, la fratellanza, la solidarietà".

A questo proposito la gabbianella è stata la tua favola di  esordio e di grande successo. Come è nata?

"Volevo scrivere qualcosa per i miei figli piccoli e per quelli dei miei amici".

Forse scrivi anche per te.

" Scrivo perché amo la mia lingua e in lei riconosco la mia unica patria. E poi si scrive per gli altri. Si scrive, come diceva il mio amico Osvaldo Soriano, per abitare nel cuore della gente migliore".

Lo hai conosciuto bene?

" Se l'ho conosciuto? Mi chiedi. Come si conosce un fratello che ami e rispetti. Le nostre passeggiate, i discorsi e i pensieri, e poi la tristezza, la grande tristezza di certi bar che frequentavamo a Buenos Aires. Le mattine per Osvaldo cominciavano alle cinque del pomeriggio".

Di cosa parlavate?

" Di tutto, degli amici che non c'erano più, dei fantasmi che a volte abitano nella testa di noi scrittori, parlavamo di quei personaggi condannati a essere dei perdenti. E quando eravamo stanchi come di istinto ci rifugiavamo in qualche caffè. Di solito sedevamo a un tavolo vicino alla finestra, seguendo un rituale mai dichiarato, lui ordinava due whiskey e un bicchier d'acqua minerale. Cominciava a bere il mio e io: posso bere il tuo Osvaldo? Meglio di no, ti fa male. La verità è che il medico gli aveva ordinato di non bere e di non fumare. Era piuttosto malconcio di salute".

L'unica volta che lo vidi, un sigaro enorme trionfava tra le labbra.

"Amava gli Avana, poteva tenerlo in bocca per ore torturandolo e sfilacciandolo. Poi quando lo strozzava fra le dita cominciava i suoi racconti fantastici. Le sue parole risvegliavano lo stupore e l'intelligenza. Mi manca Osvaldo. Mi manca la sua onestà. L'ultima volta che lo vidi sembrava molto stanco. Ci lasciammo, in una strada di Buenos Aires, con un lungo abbraccio. Convinti che non ci saremmo mai più rivisti. Lo guardai allontanarsi lentamente e piegarsi come per raccogliere qualcosa da terra. Capii che si era chinato per accarezzare un gatto randagio".

Uno che in qualche modo somigliava a Soriano fu Bolaño. Che ricordo hai di lui?

"Il ricordo si tinge di una pena infinita per la sua fine arrivata troppo presto, forse nel suo momento più creativo. Non l'ho mai conosciuto. Parlai due sole volte con lui, per telefono. Ero direttore di un Festival culturale e lo invitai. Accettò di partecipare. Ma una settimana prima mi chiamò per dirmi che stava male e che sarebbe iniziato un periodo duro per la sua vita. È stato un bravo scrittore, ma non era tra i miei favoriti. Il suo miglior libro per me resta Stella distante".

Chi sono gli scrittori del tuo continente che consideri imprescindibili?

"In testa metterei Francisco Coloane. L'ho amato moltissimo. Devo a lui se sono diventato scrittore. Un uomo del Sud, un avventuriero che sapeva spingersi in profondità nei territori più impervi. Arrivò alla letteratura con un linguaggio nuovo, a un tempo duro e tenero".

E Márquez?

" Come fai a metterlo in discussione? È l'immagine stessa dell'America Latina. Forse questo è il suo limite. Gli preferisco Juan Rulfo, che finalmente anche voi in Italia avete scoperto. E poi Julio Cortázar. Anche nelle frasi più sofisticate sapeva essere diretto. E poi mi piace Pablo Simonetti, un giovane che ha scritto tre romanzi bellissimi. Ma il mio preferito è Ramón Díaz Eterovic, uno di Punta Arenas, scrive in maniera magistrale".

Punta Arenas è la parte estrema del Sud America, qualcuno diceva dove le storie vanno a morire. Tu sei stato da quelle parti e scritto sulla Patagonia.

"Ci sono stato e anche a lungo. Partii per il Sud del mondo per vedere cosa vi avrei trovato. E furono giorni estenuanti che sapevano di zaino e di vento. Stava terminando la breve estate australe. Il vento gelido cominciò a spazzare le strade di Punta Arenas. Era solo metà marzo, ma sembrava di essere piombati in pieno inverno. Ero con il mio amico Daniel Mordzinski, il fotografo che mi aveva accompagnato in tante avventure. Ci guardammo: e ora che facciamo? Vedemmo nel cielo migrare stormi di ottarde. Loro si allontanavano". 

E voi?

"Ci venne in soccorso una storia dei primi del Novecento. Due signori, un croato e un tedesco, si fecero venire in mente la straordinaria idea di aprire un cinema proprio lì, sui bordi della fine del mondo, a Porvenir, che poi vuol dire " avvenire". José Bohr e Antonio Radonic girarono anche dei film. Nacque con loro il primo film cileno. E noi andammo a trovare un nipote di Antonio che ci raccontò questa storia magnifica. La Patagonia è sempre stata una terra di saccheggi e di sogni".

Chi l'ha resa un luogo di culto è stato Bruce Chatwin.

"Quella che lui ha raccontato è stata la "sua" Patagonia. Era un buon scrittore. Ci conoscemmo a Barcellona. Mi regalò uno dei suoi leggendari taccuini neri, un Moleskine su cui aveva annotato le sue impressioni. Scoprii che il primo ad usarli fu l'esploratore Amundsen. Ci vedemmo varie volte al Cafè Zurich. Era un conversatore affascinante. Ricordo che gli parlai della spiaggia di Gijòn, nelle Asturie, dove di solito vivo e dove i surfisti si allenano e fanno gare. Era curioso, brillante, seduttivo. Mi parlò dell'intenzione di raggiungere il Circolo Polare Artico. Non so se fece in tempo".

Forse no.

"È morto troppo presto e troppo giovane. Ma anche il Cafè Zurich credo non esista più".

Hai paura della morte tu che sei "morto" così tante volte?

"C'ho fatto l'abitudine. E poi la vera saggezza è sapere quando le cose finiscono. Soprattutto uno scrittore deve sapere quando dire basta. Non ripetersi. Perché scrivere deve essere un gesto libero e non una condanna".

Ti ha mai sfiorato questo dubbio?

"Sì, certo. So che un giorno anche per me verrà il momento di dire basta".

A quel punto?

"In quel preciso istante Sepúlveda non smetterà di vivere, perché c'è sempre un pezzo di esistenza oltre il racconto, oltre le storie, oltre la letteratura. Sarà come abbandonare qualcosa che mi appartiene. Mi è accaduto con il Cile e l'ho ritrovato, trent'anni dopo. Potrebbe accadere anche con il romanzo, il giorno in cui me ne dovessi allontanare. Tutto finisce, ma niente è davvero definitivo".