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giovedì 11 luglio 2013

Papa Francesco: visita a Lampedusa

LAMPEDUSA, 8 LUG - Papa Francesco, dalla motovedetta della Guardia Costiera, ha gettato nel mare di Lampedusa una corona di fiori in ricordo dei migranti morti durante le traversate. Prima di lanciare i fiori il Papa si è raccolto in preghiera.

Per alcuni minuti, il Pontefice è stato poi in preghiera, in memoria dei migranti morti in mare. Il lancio della corona è avvenuto davanti al porto di Lampedusa. La motovedetta della Guardia costiera su cui si trova il Papa è accompagnata da un corteo di barche di pescatori. (ANSA)

Camminare sull’acqua di Lampedusa
L’8 luglio il viaggio del Papa a Lampedusa.
Mauro Biani



Transustanziazione
Lunedì il Papa a Lampedusa. E un calice intagliato dal legno dei barconi dei migranti.
Mauro Biani





 DISCORSO DI PAPA FRANCESCO A LAMPEDUSA
Immigrati morti in mare, da quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte. Così il titolo dei giornali. Quando alcune settimane fa ho appreso questa notizia, che purtroppo tante volte si è ripetuta, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza. E allora ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta. Non si ripeta per favore. Prima però vorrei dire una parola di sincera gratitudine e di incoraggiamento a voi, abitanti di Lampedusa e Linosa, alle associazioni, ai volontari e alle forze di sicurezza, che avete mostrato e mostrate attenzione a persone nel loro viaggio verso qualcosa di migliore. Voi siete una piccola realtà, ma offrite un esempio di solidarietà! Grazie! Grazie anche all’Arcivescovo Mons. Francesco Montenegro per il suo aiuto, il suo lavoro e la sua vicinanza pastorale. Saluto cordialmente il sindaco signora Giusi Nicolini, grazie tanto per quello che lei ha fatto e che fa. Un pensiero lo rivolgo ai cari immigrati musulmani che oggi, alla sera, stanno iniziando il digiuno di Ramadan, con l’augurio di abbondanti frutti spirituali. La Chiesa vi è vicina nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie. A voi: o’scià!
Questa mattina, alla luce della Parola di Dio che abbiamo ascoltato, vorrei proporre alcune parole che soprattutto provochino la coscienza di tutti, spingano a riflettere e a cambiare concretamente certi atteggiamenti.
«Adamo, dove sei?»: è la prima domanda che Dio rivolge all’uomo dopo il peccato. «Dove sei Adamo?». E Adamo è un uomo disorientato che ha perso il suo posto nella creazione perché crede di diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio. E l’armonia si rompe, l’uomo sbaglia e questo si ripete anche nella relazione con l’altro che non è più il fratello da amare, ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere. E Dio pone la seconda domanda: «Caino, dov’è tuo fratello?». Il sogno di essere potente, di essere grande come Dio, anzi di essere Dio, porta ad una catena di sbagli che è catena di morte, porta a versare il sangue del fratello!
Queste due domande di Dio risuonano anche oggi, con tutta la loro forza! Tanti di noi, mi includo anch’io, siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri. E quando questo disorientamento assume le dimensioni del mondo, si giunge a tragedie come quella a cui abbiamo assistito.
«Dov’è il tuo fratello?», la voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi. Quei nostri fratelli e sorelle cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte. Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, non trovano accoglienza, non trovano solidarietà! E le loro voci salgono fino a Dio! E una volta ancora ringrazio voi abitanti di Lampedusa per la solidarietà. Ho sentito, recentemente, uno di questi fratelli. Prima di arrivare qui sono passati per le mani dei trafficanti, coloro che sfruttano la povertà degli altri, queste persone per le quali la povertà degli altri è una fonte di guadagno. Quanto hanno sofferto! E alcuni non sono riusciti ad arrivare.
«Dov’è il tuo fratello?» Chi è il responsabile di questo sangue? Nella letteratura spagnola c’è una commedia di Lope de Vega che narra come gli abitanti della città di Fuente Ovejuna uccidono il Governatore perché è un tiranno, e lo fanno in modo che non si sappia chi ha compiuto l’esecuzione. E quando il giudice del re chiede: «Chi ha ucciso il Governatore?», tutti rispondono: «Fuente Ovejuna, Signore». Tutti e nessuno! Anche oggi questa domanda emerge con forza: Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io. Ma Dio chiede a ciascuno di noi: «Dov’è il sangue del tuo fratello che grida fino a me?». Oggi nessuno nel mondo si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parlava Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo “poverino”, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci tranquillizziamo, ci sentiamo a posto. La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. In questo mondo della globalizzazione siamo caduti nella globalizzazione dell'indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!
Ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni. La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti “innominati”, responsabili senza nome e senza volto.
«Adamo dove sei?», «Dov’è il tuo fratello?», sono le due domande che Dio pone all’inizio della storia dell’umanità e che rivolge anche a tutti gli uomini del nostro tempo, anche a noi. Ma io vorrei che ci ponessimo una terza domanda: «Chi di noi ha pianto per questo fatto e per fatti come questo?», Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini? Per questi uomini che desideravano qualcosa per sostenere le proprie famiglie? Siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere, del “patire con”: la globalizzazione dell’indifferenza ci ha tolto la capacità di piangere! Nel Vangelo abbiamo ascoltato il grido, il pianto, il grande lamento: «Rachele piange i suoi figli… perché non sono più». Erode ha seminato morte per difendere il proprio benessere, la propria bolla di sapone. E questo continua a ripetersi… Domandiamo al Signore che cancelli ciò che di Erode è rimasto anche nel nostro cuore; domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, di piangere sulla crudeltà che c’è nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada ai drammi come questo. «Chi ha pianto?». Chi ha pianto oggi nel mondo?
Signore, in questa Liturgia, che è una Liturgia di penitenza, chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo Padre perdono per chi si è accomodato e si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore, ti chiediamo perdono per coloro che con le loro decisioni a livello mondiale hanno creato situazioni che conducono a questi drammi. Perdono Signore!
Signore, che sentiamo anche oggi le tue domande: «Adamo dove sei?», «Dov’è il sangue di tuo fratello?».

Al termine della Celebrazione il Santo Padre ha pronunciato le seguenti parole:
Prima di darvi la benedizione voglio ringraziare una volta in più voi, lampedusani, per l'esempio di amore, per l'esempio di carità, per l'esempio di accoglienza che ci state dando, che avete dato e che ancora ci date. Il Vescovo ha detto che Lampedusa è un faro. Che questo esempio sia faro in tutto il mondo, perché abbiano il coraggio di accogliere quelli che cercano una vita migliore. Grazie per la vostra testimonianza. E voglio anche ringraziare la vostra tenerezza che ho sentito nella persona di don Stefano. Lui mi raccontava sulla nave quello che lui e il suo vice parroco fanno. Grazie a voi, grazie a lei, don Stefano.
fonte

Tiziano Riverso


Papa Francesco è irremovibile: a Lampedusa con lui niente politici né vescovi, il cerimoniale è blindato.
Angelino Alfano ci teneva tanto!
Tiziano Riverso



Oggi visita storica a Lampedusa.
Papa Francesco vuole rammentare a tutto il mondo la necessità di solidarietà, non solo della Chiesa, verso tutti gli uomini costretti da condizioni inumane, causate dalle guerre e da ingiustizie economiche, a rischiare la vita e spesso a lasciarcela, per poter sperare in un futuro anche solo leggermente migliore.
Quanti Magdi Allam tra loro?
Gianfranco Uber


Il discorso della Lampedusa

Non è il lago di Tiberiade, ma il Mare Nostrum (già il possessivo qualche impulso dovrebbe darcelo, ma andiamo avanti).  Non è la montagna (così definita la piccola altura su Tiberiade) ma l’isola Lampedusa. E’ da questa che il vescovo di Cristo (successore degli apostoli) e per di più Papa (successore di Pietro) ha scelto di partire per la sua missione…
Ci sono moltissimi passi nel Vangelo che mi piacerebbe fossero applicati nel nostro laico Stato. Il “discorso della montagna” è tra i primi. Vediamolo.
 «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli»
Gli umili che sempre chinano il capo perché si sentono gli ultimi della Terra di fronte al Dio delle genti e alle genti stesse
«Beati gli afflitti, perché saranno consolati»
I frustrati dal sistema costruito dalle genti e anche frustati dalle genti stesse
 «Beati i miti, perché erediteranno la terra»
I saggi inascoltati che renderebbero questa Terra feconda per tutte le genti, ma le troppe genti che preferiscono distruggerla in favore di poche, prevale
 «Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati»
I giusti secondo natura, non necessariamente divina, schiacciati dalle genti che alla giustizia preferiscono leggi fatte a proprio uso e consumo
 «Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia»
Gli indulgenti che prima d’emettere sentenze si mettono dalla parte degli “altri” lottando contro le genti che vogliono conoscere solo il “noi”
« Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio»
Gli umani che non mettono ostacoli alle forze della natura, non necessariamente divina, accettandole e trovandone sempre la parte più bella per il bene di tutte le genti e non solo per le genti dei privilegi
 «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio»
Le generose genti che offrono se stesse così come nude stanno a differenza delle genti che scelgono di vestirsi con armi e scudi
 «Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli»
I giusti secondo natura, non necessariamente divina, ammazzati nel corpo o nello spirito dalle genti che alla giustizia configgono paletti
 «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia»
Le genti che possedendo anche un solo talento (tra umiltà, frustrazione, saggezza, giustizia, indulgenza, umanità, generosità e quanto altro a queste s’armonizzano) scelgono di subire le più spregevoli ignominie, pur di conservare quel talento.
Chapeau a papa Francesco che in quel di Lampedusa ha scelto di condensare tutti quei talenti in tutti gli umani che al “discorso di Lampedusa” attraccano…
8 luglio 2013


CeciGian

Ero Straniero
di Cecilia Alessandrini
Ho letto commenti entusiasti sulla visita del Papa a Lampedusa. Ho letto che questo gesto dimostra che il problema sono i Cie e chi li ha istituiti, le leggi più o meno ingiuste in materia di immigrazione ecc.
Papa o non Papa ho sempre pensato che il problema sono anche i Cie, sono anche le leggi più o meno ingiuste e concordo sul fatto che sia necessario combattere per cambiarle ma penso anche che il vero problema siamo tutti noi.
Siamo noi quando "scappiamo" dai quartieri in cui abitano prevalentemente gli stranieri, quando ci lamentiamo, anche sottovoce, che nelle classi ce ne sono troppi e rallentano il programma, quando difendiamo gli imprenditori facendo finta di ignorare che molti di loro li fanno lavorare in nero in condizioni disumane e che riservano loro i lavori più pericolosi, siamo noi quando diamo addosso a priori al sindacato che l'estate organizza campagne di sindacalizzazione dei lavoratori stranieri schiavizzati nelle piane agricole del sud, siamo noi quando diciamo che ci dà fastidio vedere le prostitute, più spesso straniere, in strada perché non sappiamo cosa "dire" ai nostri figli e vagheggiamo di risolvere il problema "nascondendole" in moderne "case chiuse", siamo noi quando non sopportiamo l'odore di ciò che cucinano senza pensare che l'odore delle nostre grigliate è altrettanto forte e può essere egualmente molesto. Perché il problema non è sempre altrove, il problema spesso è dentro di noi.
E io credo che in fondo il Papa con questa visita e con le sue parole abbia voluto dire questo a tutti noi soprattutto se cristiani. "Ero straniero e mi avete accolto" c'è scritto nel Vangelo. Quella evangelica è un'accoglienza totale, senza se e senza ma, senza alcuna condizione a contorno.
Una sola unica frase: "Ero straniero e mi avete accolto" non certo "sfruttato" o "respinto" o "giudicato". Ho sempre pensato che non ci fosse molto altro da aggiungere e il gesto di visitare Lampedusa dimostra che lo pensa anche il Papa. Non posso che esserne molto felice.

SERGIO STAINO




VAURO


Speriamo che Francesco scuota le coscienze.
Globalmente.

Tullio Boi





Sant’Europa
E mo? Interessante la riflessione su come “intorno all’isola sia nato probabilmente il più grande movimento di massa di disobbedienza civile alle leggi europee e italiane sulla frontiera”.
Mauro Biani


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